Che fine ha fatto la creazione di nuovi posti di lavoro?

Governo e sindacati sono alle prese con la revisione dei voucher per la retribuzione delle prestazioni occasionali ma di interventi per far crescere contratti a tempo indeterminato non se ne parla più o quasi

Lavori occasionali, discontinui… insomma piccole opportunità, soprattutto per chi non ha un lavoro vero e proprio.

I buoni lavoro Inps, meglio noti come voucher, hanno il compito di regolarizzare proprio questo tipo situazioni che, altrimenti, rischierebbero di finire nel “lavoro nero”. Un ambito questo che sebbene rappresenti un tipo di occupazione possibile, è ben lontano dal concetto di posto fisso o di contratto a tempo indeterminato.

Tuttavia l’attenzione di Governo e sindacati italiani si sta focalizzando sul “particolare”, rappresentato appunto dalle prestazioni di lavoro accessorie pagate con i voucher (che nel 2015 sono state pari soltanto allo 0,31%) tralasciando il quadro d’insieme e la reale priorità: la creazione di nuovi posti di lavoro.

Nei giorni scorsi la corte costituzionale ha di fatto aperto la Strada al referendum sui buoni lavoro. L’intento del Governo è quello di riportare i voucher alla funzione per i quali erano stati ideati: la copertura previdenziale e assicurativa alle attività occasionali, portandole fuori dal sommerso.

Leggi, modifiche, aggiustamenti in itinere. Ottimo. Il mondo del lavoro nelle sue infinite sfaccettature deve essere regolamentato, siamo tutti d’accordo ma che fine hanno fatto gli interventi per sostenere le imprese, per agevolare l’innovazione che si tradurrebbe in un incremento dell’occupazione?

Se tra il 2007 e il 2013 il tasso di disoccupazione è quasi raddoppiato, passando dal 6,1 al 12,1% – comunicano dalla Cgia di Mestre – le previsioni delle dinamiche occupazionali dell’Istat e di Prometeia stimano che il livello dei senza lavoro (attualmente all’11,5 per cento circa) dovrebbe ritornare al 6 per cento solo nel 2032 (tra ben 15 anni), mentre l’occupazione pre-crisi nel giro di un paio d’anni (2018-2019).

“A differenza di quanto è successo per buona parte del 2016 – fa notare il segretario di Cgia Renato Mason – speriamo che il Governo Gentiloni torni a discutere e a decidere sui grandi temi: come creare lavoro, quali politiche industriali sviluppare, come affrontare le sfide che l’economia internazionale ci pone”.

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