Mestieri, ecco i più richiesti e quelli in via d’estinzione

Il punto della situazione dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche a partire dall’impatto dei processi di digitalizzazione su professioni e occupazione

Innovazioni tecnologiche e organizzative. Le opportunità di lavoro si riscontrano perlopiù in quei contesti dove la spinta all’innovazione è il principale strumento di crescita. Va da sé che le figure professionali maggiormente richieste sono da rapportare alle trasformazioni in atto e alle nuove esigenze del mercato. Ed ecco che gli addetti al marketing, i tecnici della produzione, i progettisti di software: sono questi alcuni dei mestieri più richiesti attualmente  secondo una nota dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche recentemente presentata in occasione del convegno organizzato dal Cnel sull’impatto dei processi di digitalizzazione su professioni e occupazione. Accanto alle 10 professioni che salgono, il policy brief Cambiamento tecnologico, mansioni ed occupazione individua anche le 10 professioni meno richieste: tra queste muratori, manovali, contabili e addetti a mansioni di segreteria.

La dinamica e la struttura dell’occupazione osservate nel periodo tra il 2011 e il 2016, sono studiate in relazione alle caratteristiche delle mansioni svolte da ciascuna professione, concentrando l’attenzione sul contenuto cognitivo e sul grado di routinarietà manuale delle stesse mansioni.

È interessante riscontrare – specificano dall’Inapp –  come tra le 10 professioni che sono cresciute maggiormente siano identificabili tre gruppi professionali riconducibili ad attività e fasi produttive tradizionalmente caratterizzati da un’elevata intensità tecnologica e dalla tendenza alle innovazioni organizzative (specialisti dei rapporti con il mercato, tecnici della produzione manifatturiera, analisti e progettisti di software). Sempre crescenti ma caratterizzate da una dinamica meno intensa sono invece le professioni riconducibili ad attività a minore intensità tecnologica ma dove risulta comunque rilevante la componente umana come nel caso degli addetti all’assistenza personale o delle professioni qualificate nel settore socio-sanitario.

La gran parte delle professioni che mostrano una decrescita nel periodo di interesse, al contrario, sono riconducibili ad attività a bassa intensità tecnologica. Tuttavia, professioni quali gli addetti a funzioni di segreteria o di contabilità sono quelle tradizionalmente più esposte a innovazioni tecnologiche capaci di ridurre il contributo umano al processo produttivo (si pensi ai software gestionali che razionalizzano le attività di contabilità e segreteria) e dunque maggiormente a rischio dal punto di vista della disoccupazione tecnologica.
Tra le professioni che crescono, crescono di più quelle composte da mansioni cognitive e non ripetitive. Allo stesso modo, tra quelle che perdono peso occupazionale, si contraggono maggiormente quelle caratterizzate da mansioni manuali e ripetitive.
 
“Dalla ricerca Inapp – ha dichiarato il presidente Inapp, Stefano Sacchi – sappiamo che solo l’1,5% dell’occupazione italiana nel periodo 2011-2016 è stata interessata dal fenomeno della disoccupazione tecnologica. Questo è coerente con quanto dice l’Ocse: non c’è sinora evidenza di disoccupazione tecnologica di massa ed è anche coerente con i dati Inapp sulle professioni presentati oggi: nel mercato del lavoro italiano si contraggono le professioni composte da mansioni manuali e ripetitive. I dati Inapp ci dicono però di più: tra le professioni che crescono, crescono di più quelle a contenuti cognitivi e non ripetitivi. Questo è un dato fondamentale per le scelte di politica economica, del lavoro e della formazione.

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